Poesia

Creatrice colposa

Mi hai insegnato i nomi dei colori strani:
vinaccio, carta di zucchero, rosa antico.
Inavvertitamente hai plasmato un’esteta
da un cucciolo timido e solitario.

Non lo sai nemmeno, hai interpretato il tuo ruolo
nel solo modo in cui potevi,
creando dei limiti inusuali,
spezzandone altri, invece normali.

Ho guardato le linee e le ombre fatte da te
su quelle porcellane dal sapore antico che
si sono insediate nella mia visione, come una lente
che invecchia e ingentilisce i volti che voglio assumere.

Sei stata spietata a volte,
le venature del tuo dolore si sono insediate
anche nelle mie tinte, facendomi disegnare
pensieri di malinconia.

Ora sbriciolo quella sostanza di cui mi hai fatta,
la rimpasto per darle una forma nuova.
Mi hai detto una bugia perché ti hanno insegnato così.
Invece guardami, capisci, non lo dovevi credere nemmeno tu.

Poesia

Un’estate pulita

Un filo d’erba tra i denti
Un fiocco di pioppo nel naso
Mi sdraio e invoco i venti
E la pioggia arriva per caso

Le gambe graffiate dal fieno
Il sudore imperlato sul viso
Il silenzio interrotto dal fischio del treno
Le finestrelle tra i denti a formare un sorriso

Io e mio nonno guardiamo
piccoli grigi
che sbucano
dal ventre
di una signora gatta

*

Lo stagno fino alle ginocchia
Mia mamma vedrai che si arrabbia
La fuga della ranocchia
Avventure in cava di sabbia

Le lucciole sulle mani
Nel buio di un’estate pulita
Stelle e pianeti lontani
Che a contarli non basta una vita

Due tende accostate
in mezzo una rete
bambini
inventano storie
che un giorno diventano vere

Deliri

Delirio sulla parola

Un amore nuovo e sconsiderato. Quello per le parole. Brutale.
La parola che spiega, conduce e induce sospetti. Travisata. Che da vita a splendidi sogni e orrendi incubi.
I racconti, che fanno vivere oltre al vissuto.

Oltre alla logica, alla scienza, al raziocinio, c’è il terreno per i cuori intelligenti, dove, a piantare il seme della passione, ci si trova a crescere alberi sacri e fantasiosi fatti di spirito, lacrime e ironia. In questo panorama le regole e gli schemi bruciano come una sigaretta fumata dal vento.

Se non scrivo leggo. Se non leggo penso. Se non penso sogno.

Nelle notti tribolate, quando il corpo da vita ai mali della mente, dialogo con me. Penso a quello che devi sapere per capire, e a quello che devi capire per sapere. A quello che il mondo nella sua frenesia dimentica. A quello che è il verbo per l’anima: una chiave.

Lo scrivo ora ed è già nel passato. Nessuno me lo può togliere.

Poesia

Una traccia di me

Ogni poesia è una premonizione,
e io sono pronta a ricattare l’I Ching, un mucchietto d’ossa e perfino le stelle,
per vedere, fatte di materia oscura,
Ie immagini che mi ingolfano il cuore.

Ogni poesia è una promessa,
allora brucerò le mie parole, scritte col sangue, giurate,
per legare col fuoco le cellule della tua pelle, 
e sentirne l’energia.

Ogni poesia è un sortilegio,
perciò trattengo il fiato, la coscienza e l’anima,
per creare nella mia mente le particelle gravitazionali
che ti indichino la mia direzione.

Ogni poesia è una filastrocca.
La sussurro in una lingua inesistente
per intrufolarmi nelle tue onde cerebrali,
come un presentimento che non riesci ad afferrare.

Ogni poesia è una ninna nanna.
Un ipnotico canto all’inconscio,
intonato per rovistare nei tuoi sogni
e trovarvi una traccia di me.

Solo perché tu mi guardi.
Solo perché tu mi veda.
Solo, solo, solo
per avere un momento di sollievo dai miei tormenti.

Poesia

Scorrere

Un foglio bianco
scritto e riscriscritto, resta incolume,
non abbraccia le parole.

La storia
mi ignora,
mentre resto nascosta tra le ombre, sempre più grandi.

La memoria
elimina strategicamente
i cicli tremendi che mi hanno portata qui.

Tutto, nel medesimo istante,
che mi impedisce di procedere
in una delle tante possibilità
in cui non sono esistita mai.

Tutto, nel medesimo istante,
che non posso toccare
ma solo imbrogliare
passando inosservata.

Deliri, Storie

Il gene della felicità

Se esistesse un gene della felicità io non lo vorrei. Magari mi impegnerei a cercarlo, anni e anni di ricerca…

bluuuup

Immagina un calcolatore col fumo che esce dalle prese d’aria, bit che scorrono su uno schermo, anzi non bit ma proteine. Una cosa più o meno come matrix, ma con le iniziali delle proteine GTCA.
brrrup brrrup. 
Li senti i bus che trasferiscono informazioni?
Sullo sfondo un sacco di gente triste nelle gabbiette.
Ma no dai scherzo, gente triste coi camici, e le dita incrociate.
brrrup brrup.
E poi alla fine la risposta, io premo invio, e la gente triste sorride.

Il gene viene sintetizzato in una provetta, trasferito in una siringa, distribuito nelle asl, usl adesso ATS.
Prima gli anziani, gli altri hanno più tempo. Viene stabilito un protocollo di felicitazione onde evitare ondate di panico. “Ognuno avrà la sua dose” è il motto del governo.

Io non me lo inietto… è che ho più paura degli aghi, però mi intervistano alla tv coi capelli in disordine e le occhiaie, una scena del tutto immotivata: in realtà erano anni che il calcolatore calcolava io passavo di lì ogni tanto, senza pretese, tra un Farmville e PetSociety.
Quella della televisione mi fa un sacco di domande, per esempio cosa mi rende felice e io rispondo che insomma ci sono delle cose, però ognuno ha le sue, almeno fin’ora perché adesso c’è il mio gene; e poi lei vuole sapere cosa cercherò poi, ma io non lo so: si sa che tutti cercano la felicità, e io l’ho trovata per tutti, e forse sono loro a dover cercare qualcosa per me.
Ecco io magari se fosse possibile vorrei una conchiglia gigante.
La giornalista mi guarda allibita.

Nel mondo tutte le persone che entrano negli ambulatori con la smorfia escono col sorriso. Massima democrazia? Massimo comunismo.

E poi c’è chi dice “Che bello ora saremo tutti felici” e però poi …
E adesso che siamo felici cazzo si fa? E tutti panicano e vogliono una soluzione per il panico e i bit, i trip e i flip ripartono mentre mi godo le vacanze da anni di lavoro.

Ma io avevo già risolto la situazione, in quella siringa c’è solo soluzione salina.
Non ve lo meritavate il gene, avete osato sorridere.

Poesia

Sole stanco

Il sale brucia ma disinfetta le ferite.
Le onde smuovono sempre le tue insicurezze
e le mie vengono a galla, in piccoli mulinelli,
vorticanti di rabbia.

Non ho più spazio per nuove cicatrici;
riapri le vecchie senza mai arrivare in profondità, negli abissi,
dove le creature misteriose intrecciano le forme con le bestie disperate.

Per questo non mi vedi
continui a non percepire la differenza tra le linee
e te la prendi con le ombre morbide
create dal calore del sole

che adesso è stanco, e il cielo è grigio.
Le goccioline lavano e rinnovano la mia pelle,
continuano a insistere
fino a rendermi una persona nuova.

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